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Il Venere e Marte di Botticelli, uno dei capolavori posseduti dalla National Gallery di Londra, non ha goduto della fortuna critica degli altri dipinti di argomento mitologico del grande maestro, e ciò è principalmente dovuto alla prevalente convinzione che il messaggio veicolato dal pittore sia quello, piuttosto semplicistico, dell'amore che vince la violenza e la forza bruta. In realtà la lettura neoplatonica è contraddetta dallo spirito satirico suscitato dai quattro satirelli che si prendono gioco di Marte, e dall'insolita iconografia del dio della guerra dormiente e seminudo e di Venere desta e vestita di tutto punto. L'incontro amoroso non è avvenuto, Marte giace indolente e Venere attende indispettita, mentre i satirelli vorrebbero risvegliare nel giovane l'eros sopito. Botticelli ha dipinto una parodia del mito, e i destinatari della satira sono Simonetta Vespucci e Giuliano de' Medici. Il dipinto tradisce un risentimento nutrito in casa Vespucci nei confronti della sposa adultera, e anticipa il giudizio negativo espresso dal savonaroliano Tommaso Sardi nei confronti di Simonetta. Probabile committente l'umanista Giorgio Antonio Vespucci che avrebbe poi aderito alla riforma del Savonarola.